Chi possiede un acquedotto nel fondo altrui non può immettervi maggiore quantità d’acqua, se l’acquedotto non ne è capace o ne può venir danno al fondo servente(1).
Se l’introduzione di una maggior quantità d’acqua esige nuove opere, queste non possono farsi, se prima non se ne determinano la natura e la qualità e non si paga la somma dovuta per il suolo da occupare e per i danni nel modo stabilito dall’articolo 1038.
La stessa disposizione si applica anche quando per il passaggio attraverso un acquedotto occorre sostituire una tomba a un ponte-canale o viceversa(2).
Note
(1)
L’utilizzo dell’acquedotto e, di conseguenza, l’esercizio della servitù da parte del titolare del fondo dominante, può essere mutata dallo stesso senza che vi sia la necessità di un previo accordo col proprietario del fondo servente, sempre che non diventi maggiormente gravosa la situazione del fondo servente.
Laddove, invece, un uso differente dell’acquedotto aggravi la condizione del fondo servente, è necessario il consenso del proprietario ovvero una nuova sentenza costitutiva del diritto di servitù, che ne rettifichi le modalità dell’esercizio (artt. 1037-1039 c.c.).
(2)
E’ indispensabile l’accordo col proprietario del fondo servente ed, in subordine, la sentenza costitutiva, nell’ipotesi in cui l’introduzione di maggiori acque comporti la realizzazione di nuove opere.