Il mandante può revocare il mandato(1) 1725; ma, se era stata pattuita l’irrevocabilità(2), risponde dei danni(3), salvo che ricorra una giusta causa(4).
Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi(5) non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca 2259 comma 1; non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità 1425 del mandante.
Note
(1)
Più correttamente, si tratterebbe di un’ipotesi di recesso (v. 1373 c.c.), da realizzare mediante dichiarazione unilaterale (1324, 1334, 1335 c.c.). La regola della libera recedibilità rappresenta, in ogni caso, una eccezione rispetto ai principi generali in materia contrattuale (v. 1372 c.c.).
(2)
Poiché l’irrevocabilità limita la libertà del mandante, privandolo di un diritto potestativo, essa deve risultare espressamente nella stipula del mandato.
(3)
Si tratta, più correttamente, di un indennizzo per il pregiudizio causato da un atto lecito, cioè l’esercizio del recesso: infatti, anche se è stata pattuita l’irrevocabilità del mandato, l’eventuale recesso non è senza effetto ma è, comunque, valido ed efficace, ciò in considerazione della preminente libertà contrattuale delle parti (1322 c.c.). Pertanto, gli atti compiuti dal mandatario dopo la revoca non sono efficaci.
(4)
Ad esempio, il mandatario agisce fuori dai limiti imposti (v. 1711 c.c.) ovvero omette di fare il rendiconto dovuto (1713 c.c.).
(5)
Se l’incarico è conferito anche nell’interesse del mandatario si parla di mandatum in rem propriam. Poiché un interesse del mandatario vi è sempre, e si identifica con il diritto al compenso (1709 c.c.), affinché si configuri la figura in esame è necessario un interesse giuridico diverso ed ulteriore: ad esempio, nel caso di mandato ad incassare un credito conferito dal mandante-debitore al mandatario-creditore con la possibilità, per quest’ultimo, di compensare (1241 ss. c.c.) la somma.