(1)L’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze(2) tali da farla apparire giustificata 279(3).
Sull’ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato 737 c.p.c., su ricorso di chi intende promuovere l’azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello, che pronuncia anch’essa in camera di consiglio 739 c.p.c..
L’inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine dell’inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l’azione, può, se trattasi di minore o di altra persona incapace 414, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.
Note
(1)
L’articolo è stato così sostituito dall’art. 2 della L. 23 novembre 1971 n. 1047. In seguito si è avuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale ad opera della sentenza Corte cost. n. 50 del 10 febbraio 2006: si è precisato che lo scopo della formulazione del 1942 era quello di scoraggiare iniziative con finalità solo ricattatorie, ed era quindi previsto un preventivo giudizio di delibazione sull’ammissibilità dell’azione, da svolgersi in camera di consiglio, senza pubblicità ed avente fine con decreto non reclamabile. Anche a seguito della riforma del 1975, la norma limitava il diritto dei figli all’accertamento della paternità senza più salvaguardare le esigenze del preteso genitore, ed era solamente idonea a favorire istanze dilatorie, nonché in contraso con l’esercizio del diritto all’azione di cui all’art. 24 Cost..
(2)
L’attuale dispositivo precisa che debbano sussistere “specifiche circostanze” per l’ammissibilità dell’azione, mentre il testo originario prevedeva “indizi”: gli elementi devono comunque sottolineare la non manifesta infondatezza della domanda.
(3)
La Corte costituzionale con la sentenza n. 341 del 20 luglio 1990 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma I dell’art. 274 “nella parte in cui, se si tratta di minore che non abbia compiuto il sedicesimo anno di età, non prevede che l’azione promossa dal genitore esercente la potestà sia ammessa solo quando sia ritenuta dal giudice rispondente all’interesse del figlio”: si sono così tutelati l’interesse del minore e la parità di trattamento rispetto al disposto dell’art. 250.