Art. 624 – Violenza, dolo, errore

La disposizione testamentaria può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse(1) quando è l’effetto di errore(2) 625 c.c., di violenza(3) o di dolo(4) 1427 ss. c.c..

L’errore sul motivo(5) 626 c.c., sia esso di fatto o di diritto, è causa di annullamento della disposizione testamentaria(6), quando il motivo risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato il testatore a disporre 634, 647, 648 c.c..

L’azione si prescrive in cinque anni(7) dal giorno in cui si è avuta notizia della violenza, del dolo o dell’errore 2652 n. 7, art. 2690 del c.c. n. 4, art. 2948 del c.c..

Note

(1)

Legittimati ad impugnare le disposizioni testamentarie sono tutti coloro che potrebbero ricevere vantaggi dall’annullamento della disposizione invalida (es. gli eredi legittimi).

(2)

L’errore consiste nella falsa rappresentazione della realtà fattuale (errore di fatto) o giuridica (errore di diritto) che incide sulla formazione della volontà.
Essendo il testamento un negozio giuridico unilaterale, non è richiesto che l’errore sia riconoscibile.

(3)

La violenza consiste nel costringimento psicologico (c.d. violenza morale). Si ritiene, tuttavia, che in tema di testamento la violenza rilevante possa essere anche meno grave di quella richiesta per l’annullamento dei contratti.
La violenza fisica, escludendo in toto la volontà del soggetto, è causa di nullità del testamento.

(4)

Il dolo consiste negli artifizi e raggiri posti in essere da un soggetto per deviare la volontà del testatore verso una direzione che, diversamente, non avrebbe preso. La sua sussistenza si valuta in relazione alle circostanze ambientali, culturali o psicologiche.

(5)

E’ errore sul motivo che rileva ai fini dell’annullamento quello che sia stato causa unica e determinante dell’atto, senza cui il testatore non avrebbe testato o avrebbe testato in maniera diversa.

(6)

Deve desumersi dal testamento e deve essere stato la causa unica della disposizione testamentaria.

(7)

Si tratta di un’eccezione alla norma generale di cui all’art. 2935 del c.c. in cui rileva l’impossibilità di mero fatto di esercitare il diritto.

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