Il coniuge al quale sia imputabile(1)(2) la nullità del matrimonio 68, 117 ss. c.c. è tenuto a corrispondere all’altro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennità, anche in mancanza di prova del danno sofferto. L’indennità deve comunque comprendere una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. È tenuto altresì a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati 156, 433.
Il terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è annullato, l’indennità prevista nel comma precedente(3).
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullità del matrimonio è solidalmente responsabile 1292 ss. con lo stesso per il pagamento dell’indennità.
Note
(1)
Qualora, al momento della celebrazione, il coniuge – pur potendo conoscere i motivi di nullità senza prima compiutamente individuarli – si sia comunque comportato secondo le regole di ordinaria diligenza, non potrà essere ritenuto in mala fede.
(2)
L’imputabilità ad un coniuge dei fatti di cui agli art. 117 del c.c. e ss. configura una responsabilità per un comportamento riprovevole (commissivo quanto omissivo) attuato con la consapevolezza dell’esistenza dei fatti invalidanti, nascosti all’altro coniuge così indotto in errore (si veda, in giurisprudenza, la sent. Cass. 23073/2005 sulla mala fede come causa giuridica formale della nullità matrimoniale).
(3)
In relazione alla responsabilità dei terzi valgono gli stessi principi applicabili alla responsabilità del coniuge (in particolare per quanto riguarda il nesso di causalità, l’imputabilità e la natura della responsabilità).
La congrua indennità va corrisposta al fine di garantire il mantenimento dell’altro coniuge, tenendo conto del tenore di vita di cui questi godeva durante il matrimonio.