Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita(1), se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili(2), la parte che deve tale prestazione può domandare(3) la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458(4).
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto(5).
Note
(1)
Si tratta de c.d. contratti di durata, nei quali l’esecuzione non è istantanea ma si protrae nel tempo.
(2)
L’onerosità deve essere sopravvenuta ma non deve intervenire quando il contraente è già in mora; eccessiva, secondo una valutazione rimessa al giudice; dipendente da avvenimenti straordinari ed imprevedibili, alla luce del giudizio che, ex ante, avrebbe potuto formulare un uomo di media diligenza (1176 c.c.).
(3)
La norma opera solo in via di azione, non di eccezione, a differenza di quanto accade in caso di inadempimento (v. 1460 c.c.).
(4)
Trova qui applicazione la regola rebus sic stantibus, in base alla quale l’accordo rimane vincolante se non si modifica il rapporto che intercorre tra il valore delle reciproche prestazioni. L’effetto della risoluzione non è retroattivo (v. 1458 c.c.).
(5)
L’offerta di riduzione, analogamente a quanto accade in tema di rescissione (v. 1450 c.c.), è volta a ristabilire l’equilibrio contrattuale ed è espressa mediante un atto unilaterale (1324 c.c.) recettizio (1334, 1335 c.c.).