Il giudice, pronunziando la separazione(1), stabilisce a vantaggio del coniuge 38 cui non sia addebitabile la separazione 151 il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento(2), qualora egli non abbia adeguati redditi propri 548, 585.
L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti 438(3).
omissis(8)
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Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti 710 c.p.c.(7).
Note
(1)
Solamente al coniuge cui non venga addebitata la separazione, e che non abbia redditi propri sufficienti per conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, spetterà il diritto previsto al comma 1 (diversamente, se la separazione è addebitata ad entrambi, nessuno dei due avrà diritto all’assegno; ed indipendentemente dalla circostanza che la separazione sia stata o meno addebitata all’altro coniuge).
(2)
In relazione ai casi di scioglimento del matrimonio, appare utile un raffronto con gli art. 5 comma 6 e art. 6 comma 1 e 3 della relativa legge, la l. 1 dicembre 1970, n. 898.
(3)
Fondamentale e ribadita nel presente articolo è la differenza tra il diritto agli alimenti, obbligazione di natura patrimoniale che trae fondamento dal principio di solidarietà familiare ed ha copertura costituzionale (art. 2 Cost.), e che presuppone uno stato di totale assenza di mezzi di sostentamento dell’eventuale beneficiario, nonché l’impossibilità di trovarne attraverso un lavoro adeguato alle sue attitudini, condizioni fisiche, età e posizione sociale – e il diritto al mantenimento, che consiste in una prestazione comprensiva di tutto ciò che risulti necessario alla conservazione del tenore di vita goduto dai coniugi prima della separazione, prescindendo da uno stato di bisogno.
(4)
L’art. 8 comma 1 (commi 1 e 3) della L. 1 dicembre 1970, n. 898 sui casi di scioglimento del matrimonio dispone che: “Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può imporre all’obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 5 e 6. La sentenza costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 del c.c.. Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell’assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l’invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente”.
(5)
Controversa è la natura del provvedimento di cui al comma 6: secondo la più recente giurisprudenza nomofilattica non avrebbe natura cautelare in quanto, a differenza del sequestro conservativo, presuppone un credito già dichiarato, sia pure in via provvisoria, e non richiede il periculum in mora, ma solamente l’inadempimento. Per attuarsi il sequestro deve dunque sussistere l’inadempienza; la norma comunque non esclude il mantenimento del provvedimento e la successiva convalida per il caso in cui l’inadempimento dell’obbligato venga meno in un momento successivo alla concessione della misura cautelare, attesa la funzione di garanzia del creditore sui beni del debitore. Evidente l’analogia con la norma dell’art. 148 comma II, per il concorso dei coniugi agli oneri familiari e dall’art. 8, comma 3, della l. 898/1970 in materia di assegno di divorzio.
(6)
Il sesto comma dell’articolo in esame è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi contenute si applichino a favore dei figli di coniugi consensualmente separati (Corte Cost. 12 maggio 1983, n. 144), nonché dei coniugi stessi consensualmente separati (Corte Cost. 19 gennaio 1987, n. 5), e nella parte in cui non prevede:
– che il giudice istruttore della causa di separazione possa adottare il provvedimento di ordinare, ai terzi debitori del coniuge obbligato al mantenimento, di versare una parte delle somme direttamente all’avente diritto (Corte Cost. 6 luglio 1994, n. 278), e
– il provvedimento di sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato al mantenimento (Corte Cost. 19 luglio 1996, n. 258).
Inoltre, la Corte Cost. con sent. n. 99 del 18 aprile 1997 ha ritenuto la norma relativa al sequestro dei beni del coniuge tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento applicabile per analogia anche alle controversie concernenti il mantenimento dei figli naturali, dato che tale sequestro consiste in un ulteriore mezzo di tutela speciale, ma non eccezionale, della prole.
(7)
Le sentenze in tema di fissazione degli assegni alimentari e di mantenimento hanno natura che viene definita dalla dottrina “determinativa”: così, esse conservano i loro effetti fino a quando, per eventi successivi, non si verifichi un mutamento oggettivo della situazione su cui verte il loro accertamento, e tale mutamento non sia riconosciuto da una nuova decisione (Cass. n. 4612/1983). Pertanto la variazione della situazione economica anche di un solo coniuge giustificherà l’accoglimento di una richiesta di modifica del quantum (Cass. n. 4570/1999) e, per altro verso, il coniuge al quale non sia stato attribuito alcun assegno di mantenimento potrà ben chiedere il riconoscimento del diritto e la conseguente attribuzione di un assegno qualora sia peggiorata la propria situazione economica, ovvero sia sensibilmente migliorata quella dell’altro, rapportandolo al tenore di vita che avrebbe avuto nel caso in cui la separazione non fosse intervenuta (poiché, si ricordi, la funzione è assistenziale e non risarcitoria).
Infine, compito del giudice sarà di stabilire un criterio di adeguamento automatico dell’assegno di separazione, anche esaminato il variare del potere d’acquisto della moneta.
(8)
Comma abrogato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. “Riforma Cartabia”), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022 n. 197.