Si prescrivono in cinque anni:
1) le annualità delle rendite perpetue 1861 o vitalizie 1872(1);
1 bis) il capitale nominale dei titoli di Stato emessi al portatore(2);
2) le annualità delle pensioni alimentari 433, 445(3);
3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni 1587 n. 2, 1607, 1639(4);
4) gli interessi 1282 e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi 960(5);
5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro 2118, 2120, 2121(6).
Note
(1)
Anche se il legislatore a riguardo non si pronuncia, devono considerarsi comprese nelle ipotesi stabilite in questa prima categoria tutte le possibili forme di rendita. Inoltre la prescrizione quinquennale ha luogo anche qualora per la riscossione delle varie rate fosse disposto un termine maggiore.
(2)
Tale numero è stato inserito dall’art. 2, L. 12 agosto 1993, n. 313 (Rimborso del capitale di titoli di Stato al portatore sottratti, distrutti o smarriti), e successivamente modificato dall’art. 54, L. 27 dicembre 1997, n. 449.
(3)
La norma si riferisce qui all’obbligazione alimentare di cui parla l’art. 433, cioè quell’ipotesi in cui un soggetto in stato di bisogno e impossibilitato a provvedere da solo al proprio mantenimento viene supportato ex lege da una persona a lui legata da un qualche rapporto di parentela, adozione o affinità. Sia che si tratti di un’obbligazione alimentare di tipo legale, sia che siano state le parti convenzionalmente a stabilirne i termini, si applicherà pertanto la prescrizione breve quinquennale.
(4)
Si deve sottolineare che tutte le somme dovute dal conduttore al locatore, ma che non costituiscano un corrispettivo del godimento della cosa, restano sottoposte al termine prescrizionale ordinario decennale.
(5)
La Corte Costituzionale con la sentenza del 10 giugno 1966, n. 63, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente numero, in relazione alla parte in cui consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro. Con le sentenze del 20 novembre 1969, n. 143, e del 12 dicembre 1972, n. 174, la Corte ha inoltre delimitato tale principio, stabilendo che in situazioni di stabilità del posto di lavoro, ossia nei rapporti di pubblico impiego e in quelli garantiti ex art. 1, L. 15 luglio 1966, n. 604 e ex art. 18, L. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), esso non viene applicato. Pertanto si è concluso che, nel corso del rapporto lavorativo, il termine prescrizionale rimane fermo per poi riprendere il suo normale decorso dal momento della cessazione dello stesso: si evita in tal modo che il lavoratore, trovandosi già generalmente in una condizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro, risulti ulteriormente vessato a livello psicologico dal timore di ritorsioni se agisce a difesa dei propri interessi. Bisogna tuttavia evidenziare che tale sospensione è possibile solamente per quei rapporti di lavoro che siano disciplinati in forza dell’art. 36 Cost., e non a tutti generalmente. Infine, la prescrizione quinquennale è applicabile anche alle rate di stipendio, pensione ed altri assegni dovuti dallo Stato, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 25 marzo 1981, n. 50.
(6)
Sulla prescrizione dei titoli di Stato, si vedano gli articoli 21-23, d.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398 (T.U. debito pubblico) e per la disciplina transitoria dei termini di prescrizione art. 79, T.U. citato. A riguardo sono utili anche gli artt. 2118, 2120 e 2122.