Se taluno rinunzia(1), benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori(2), questi possono farsi autorizzare ad accettare(3) l’eredità in nome e luogo del rinunziante 2652 n. 1 c.c., al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti(4).
Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia 2934 ss. c.c..
Note
(1)
Primo presupposto è che vi sia stata una rinunzia vera e propria all’eredità: la norma non si applica laddove il chiamato abbia perso il diritto di accettare per fatti diversi dalla rinunzia (es. prescrizione del diritto di accettare, decorso del termine stabilito dal giudice per accettare ex art. 481 del c.c., etc…).
(2)
Secondo presupposto è che la rinunzia abbia causato un danno ai creditori del rinunziante. Non è, invece, richiesta la frode, ossia la consapevolezza di arrecare tale danno.
(3)
Concessa l’autorizzazione ad accettare, il rinunziante e i creditori che hanno esperito l’azione non divengono eredi poiché la rinunzia conserva i suoi effetti. I creditori hanno esclusivamente il diritto di soddisfarsi sui beni dell’eredità fino alla concorrenza del loro credito, l’eventuale rimanenza del patrimonio ereditario viene devoluta a norma di legge (v. art. 522 e 523 del c.c.).
(4)
La domanda giudiziale esperita dai creditori del rinunziante va trascritta sia nei confronti del rinunziante che di colui al quale l’eredità è stata successivamente devoluta, che deve essere anch’esso citato in giudizio. Ove tale formalità non venga adempiuta, il conflitto tra i terzi aventi causa dell’accettante e i creditori del rinunziante si risolve a vantaggio dei primi, a prescindere dal fatto che l’acquisto di questi sia stato trascritto successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale proposta contro il rinunziante.