(1)La collazione del danaro donato si fa prendendo una minore quantità del danaro che si trova nell’eredità, secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all’epoca dell’aperta successione(2) 1277 c.c..
Quando tale danaro non basta e il donatario non vuole conferire altro danaro o titoli dello Stato, sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione delle rispettive quote(3) 725, 727 c.c..
Note
(1)
Essendo un’obbligazione pecuniaria, cioè avente ad oggetto una somma di danaro, essa è assoggettata al principio nominalistico (v. art. 1277 del c.c.). Oggetto di imputazione è la somma di denaro che ha costituito oggetto di donazione, rimanendo irrilevante l’intervenuta svalutazione monetaria.
(2)
Nel caso in cui il de cuius abbia donato del denaro con cui l’erede abbia poi acquistato un immobile, è dubbio se la collazione debba avere ad oggetto l’immobile o il denaro, trovando in tale ultima ipotesi applicazione la norma in commento. La giurisprudenza più recente propende per la prima soluzione, osservando che lo scopo della collazione non è ricostruire una titolarità, quanto piuttosto distribuire la ricchezza. Rilevante diviene, quindi, non ciò che è uscito dal patrimonio del defunto ma ciò che ha costituito incremento del patrimonio del donatario.
(3)
Qualora non vi sia abbastanza danaro per parificare la posizione degli altri coeredi rispetto al coerede tenuto a collazione, il donatario potrà scegliere se conferire altro danaro o titoli di Stato, ovvero consentire agli altri coeredi di prelevare beni mobili o immobili dall’eredità per un valore corrispondente alle somme di danaro oggetto di donazione.
Ove nel patrimonio non siano presenti beni sufficienti, al donatario verranno accollati debiti di conguaglio in denaro.