Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all’articolo 3, n. 2, lettere b) ed f), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi(1).
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio(2) quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta la sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 84 e del comma quinto dell’articolo 87.
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.
Note
(1)
Il comma è stato così sostituito dall’art. 22 della l. 6 marzo 1987, n. 74.
(2)
L’autorizzazione alla celebrazione spetta al tribunale ordinario del luogo in cui risiede la donna che fa istanza.