Quando cessa(1) l’enfiteusi, all’enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell’aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna 1592.
Se in giudizio(2) è stata fornita qualche prova della sussistenza in genere dei miglioramenti, all’enfiteuta compete la ritenzione del fondo fino a quando non è soddisfatto il suo credito 748 comma 4, 1152.
Per le addizioni fatte dall’enfiteuta, quando possono essere tolte senza nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne il valore al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento e costituiscono miglioramento, si applica la disposizione del primo comma di questo articolo 157.
Note
(1)
La disposizione si applica a tutte le ipotesi di cessazione dell’enfiteusi, sempre che queste comportino il ripristino dell’integrale diritto di proprietà in capo al concedente.
In tali caso non rilevano, dunque, l’espropriazione per pubblica utilità o l’affrancazione del fondo enfiteutico.
(2)
La parola «giudizio» non si riferisce soltanto all’ipotesi di devoluzione (art. 972 del c.c.) ma a qualsiasi rapporto processuale in essere tra concedente ed enfiteuta.