(1)Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti(2).
Il perdente tuttavia non può ripetere(3) quanto abbia spontaneamente pagato dopo l’esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode(4). La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace(5).
Note
(1)
L’art. 23 del D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, stabilisce che: “Nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonchè a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile”.
(2)
Si veda l’art. 110 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, T.U.L.P.S. e gli articoli 718, 719, 720, 721, 722, 723 c.p..
(3)
Chi ha pagato non ha azione perchè l’obbligazione di pagare non è fatta in adempimento di un dovere giuridico, coercibile, ma di un dovere “naturale”, incoercibile, come, ad esempio, quello per cui il giocatore avverte di dover tener fede all’impegno per preservare la propria reputazione.
(4)
Uno dei presupposti necessari perchè il pagamento non sia ripetibile è la spontaneità, cioè l’assenza di coercizione. Inoltre, il vincitore deve aver agito correttamente, senza inganno.
(5)
Ultimo requisito affinchè sussista l’irripetibilità è la capacità del soggetto che ha eseguito il pagamento, che deve sussistere al momento del pagamento stesso e non di quando viene fatto il gioco o la scommessa.