Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela 74(1) fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere 231(2).
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
– che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere;(3)
– che il genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all’educazione e al collocamento di essa;
– che la persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;
– che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia 238, 270(4).
Note
(1)
Il co. I dell’articolo in esame espressamente prevede che il possesso di stato sia idoneo a dimostrare tanto il rapporto di filiazione quanto quello di parentela e di famiglia, tutti conseguenti alla filiazione legittima.
(2)
Il possesso di stato è un godimento effettivo e socialmente riconosciuto della posizione di figlio, e necessita del requisito del nomen, ossia dell’aver sempre portato il cognome del padre che si pretende di avere; il cd. tractatus (ossia che il figlio sia stato trattato come tale, e che la famiglia abbia riconosciuto detta qualità); la fama, cioè la considerazione nei rapporti sociali sino a quel momento goduta.
(3)
Parole tra parentesi quadre abrogate da d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(4)
Con la sentenza n. 286/2016 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 del codice civile; 72, primo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile); e 33 e 34 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.