Art. 2945 – Effetti e durata dell’interruzione

Per effetto dell’interruzione s’inizia un nuovo periodo di prescrizione(1).

Se l’interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell’articolo 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio 1310; 324 c.p.c.(2).

Se il processo si estingue 306 c.p.c., rimane fermo l’effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell’atto interruttivo(3).

Nel caso di arbitrato la prescrizione non corre dal momento della notificazione dell’atto contenente la domanda di arbitrato sino al momento in cui il lodo che definisce il giudizio non è più impugnabile o passa in giudicato la sentenza resa sull’impugnazione(4).

Note

(1)

Il fondamento dei due istituti della sospensione e dell’interruzione è diverso: nel primo l’inerzia del titolare continua a durare ma è giustificata, nel secondo viene a mancare o perché il diritto è stato esercitato o perché è stato riconosciuto dall’altra parte. Tale differenza non è fine a sè stessa ma si riverbera sugli effetti dei due istituti giuridici che risultano pertanto assai diversi: la sospensione dispiega la sua efficacia per tutto il periodo in cui sussiste la causa giustificativa dell’inerzia, ma non toglie valore al periodo eventualmente trascorso in precedenza che si somma al posteriore, dimostrandosi una sorta di parentesi nella vicenda giuridica; nella interruzione invece il tempo anteriormente trascorso non ha più alcun valore e comincia perciò a decorrere, per intero, un nuovo periodo prescrizionale.

(2)

Nell’ipotesi in cui l’interruzione sia avvenuta tramite il riconoscimento o un atto semplice come può essere la messa in mora ex art. 1219, il termine prescrizionale inizia subito il nuovo decorso; nel caso invece in cui sia dovuta a domanda giudiziale, inizia quando la sentenza passa in giudicato o il giudizio si estingue. Infine, se si riscontra una situazione di litisconsorzio, l’interruzione fatta da un creditore avvantaggia anche gli altri, allargando in tal modo gli effetti favorevoli; al contrario, il riconoscimento da parte di un debitore non arreca pregiudizio agli altri, circoscrivendo l’efficacia sfavorevole.

(3)

Per una deroga alle disposizioni previste da tale comma, si veda l’art. 1 bis, D.L. 17 marzo 1999, n. 64, convertito nella L. 14 maggio 1999, n. 134.

(4)

Questo comma risulta aggiunto dall’art. 25, L. 5 gennaio 1994, n. 25.

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