È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore(1). Il patto è nullo(2) anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno 1963, 2798(3)(4).
Note
(1)
Di regola, il patto commissorio riveste la forma di una vendita in garanzia, accedendo prevalentemente ad una contratto di garanzia reale tipica o di anticresi (v. 1960), ma potendo interessare anche un accordo autonomamente stipulato, e fa scattare il divieto qualora si tratti di ipotesi nelle quali la cessione del bene reso oggetto della garanzia risulti sospensivamente condizionato (v. 1353) al caso in cui il debitore non adempia al proprio obbligo. Per scoraggiare le frequenti elusioni del divieto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente, tuttavia, tende a richiamare sempre più l’efficacia del patto commissorio anche nelle ipotesi delle vendite che siano risolutivamente condizionate all’adempimento da parte del debitore (v. 1353), consentendo quindi un allargamento dell’operabilità del divieto.
(2)
Secondo l’opinione prevalente, confermata dall’articolo 1419, l’eventuale applicazione del patto commissorio non importa anche la nullità del contratto al quale quest’ultimo accede, a meno che non risulti che questo sia stato per le parti determinante per la decisione della stipulazione.
(3)
Il patto commissorio non è vietato in tutti gli ordinamenti dell’Unione Europea. Di conseguenza, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14604 del 2011, hanno stabilito che un’eventuale legge straniera che lo consenta non deve essere giudicata contraria all’ordine pubblico internazionale.
(4)
Il cosiddetto “patto marciano”, mediante il quale, in caso di inadempimento del debitore, viene stabilita la vendita forzata della cosa medesima (v. 2919) oppure l’assegnazione di un prezzo di stima, permettendo in tal modo la soddisfazione della pretesa creditoria, non costituisce ipotesi di contrasto alla disciplina dell’articolo in commento. Il creditore otterrà perciò il bene, dovendo tuttavia corrispondere al proprio debitore l’eventuale conguaglio, se vi sia differenza tra il valore del credito e quello invece stimato, al fine di non procurare un sospetto vantaggio del creditore nei confronti del debitore, come sanzionato dal divieto di patto commissorio.