Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte 99 c.p.c. e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero 67, 85 comma 2, 102 comma 5, 117, 119, 125, 336, 417, 418, 848, 2098, 2409, 2487; 69 c.p.c. o d’ufficio 6 l. fall.(1).
La tutela giurisdizionale dei diritti, nell’interesse delle categorie professionali, è attuata su domanda delle associazioni legalmente riconosciute, nei casi determinati dalla legge e con le forme da questa stabilite 409 c.p.c. ss.(2).
Note
(1)
Lo Stato ha avocato a sè il potere/dovere di rendere giustizia, consentendo soltanto limitate e specificamente sancite ipotesi di autotutela (ad esempio, inerenti al diritto di ritenzione, all’eccezione di inadempimento, alla diffida ad adempiere, alla legittima difesa). Il cittadino non può perciò farsi giustizia da sè, avendo il diritto di rivolgersi agli organi all’uopo istituiti per ottenere giustizia, mediante il cosiddetto potere di azione, previsto anche dall’art. 24 della Costituzione. Egli instaura così un giudizio ad hoc per risolvere tale conflitto d’interessi, diventandone attore, mentre colui nei cui confronti l’azione è rivolta prende il nome di convenuto, il quale si potrà difendere tramite le eccezioni. Si specifica che, per poter proporre una domanda è assolutamente fondamentale avervi interesse (v. art. 100 c.p.c.) ed occorre altresì che vi sia una relazione tra il suddetto interesse e il diritto portato in giudizio.
(2)
Nell’ordinamento attuale del diritto del lavoro, i sindacati hanno un potere di rappresentanza collettiva non ancora pieno, in quanto sostanzialmente limitato alla fase della negoziazione, mancando invece nell’importante fase della definizione giudiziale in cui i singoli devono tutelarsi da sè. In tema, sono rilevanti i riferimenti della situazione di sindacati e rappresentanza in Italia, in particolar modo ai sensi dell’art. 28, L. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori). La disposizione codicistica, comunque, è espressione di uno spirito solidaristico tipico dell’ordinamento corporativo del regime fascista e nel corso degli anni, ha subìto varie proposte di abrogazione, ad oggi inutilmente.